Fare l’orto: una moda?


Ultimamente gli ortisti si chiedono sempre più spesso: ma sarà una moda? Sarà che coltivare l’orto è un po’ come vestirsi alla moda? Io credo che non sia così, credo ci sia qualcosa di più, un cambiamento nella visione del mondo, un sovvertimento dell’ordine delle cose, per cui ciò che era brutto e faticoso – come coltivare l’orto – è diventato piacevole, divertente e affascinante.

 Ho potuto sperimentare concretamente questo cambiamento attraverso un piccolo episodio che mi è capitato tornando dal lavoro all’Erba Brusca (il primo ristorante di Milano con l’orto), dove mi occupo dell’orto. Carico di verdure appena raccolte, le mani e le scarpe sporche di terra, mi sono fiondato in metropolitana per tornare a casa e ho avvertito su di me gli sguardi delle persone, che stranamente non erano di disapprovazione. La gente mi guardava con ammirazione. Mi sono sentito un eroe, anche se non avevo una tuta attillata con una lettera stampata sul torace, ma dei semplici jeans sporchi di terra e le verdure appena raccolte che spuntavano da un sacchetto ricolmo. Questo non è stato l’unico episodio del genere, negli ultimi anni mi è capitato più volte di trovarmi al centro dell’attenzione in mezzo a un orto, mentre svelavo la magia degli ortaggi a bambini e adulti rapiti dai suoi segreti. L’episodio della metropolitana però è stato singolare, perché ero fuori dal contesto ma, sebbene fossi vestito da ortista, non sembravo strano per il pubblico, suscitavo interesse, non disaprovazione. 
Il segnale del cambiamento culturale mi è giunto anche attraverso il forte interesse dei media: negli ultimi anni, grazie anche ad alcune iniziative in corso a Milano, come gli orti collettivi, sono usciti molti articoli e molte intervste. Ho sempre trovato particolare la grande curiosità dei media verso una cosa semplice come l’orto. Ma adesso qualcosa è davvero cambiato: è in atto un processo davvero interessante, differente. Intanto non si coltiva più la terra come un tempo, le tecniche sono migliorate molto (permacultura, biologico, biodinamico, agricoltura naturale), le informazioni a disposizione sono aumentate, è più facile imparare da zero a coltivare e l’approccio alla terra da parte della collettività è più attento e responsabile. Non coltiviamo più solo con l’intento di raccogliere un prodotto alimentare per l’autosufficienza totale, lo facciamo con uno spirito di consapevolezza maggiore, sappiamo che è un’attività che ci fa bene, che ci fa riprendere il contatto con l’ordine naturale delle cose, ci fa sentire utili e soddisfatti, insomma ci rimette in sesto. Al di là di sensazioni personali, però, sono convinto che l’orto sia qualcosa di naturale e spontaneo da realizzare e che tutto sommato (messo in conto quel mal di schiena che ogni tanto può venire a chi zappa con troppo slancio) sia alla portata di tutti. Non credo che gli orti che abbiamo visto spuntare come funghi negli ultimi anni siano figli di una moda, magari l’odierna esplosione di impeto e voglia può sembrare una tendenza, ma sotto sotto penso che stiamo dando vita a un nuovo modo di vivere il territorio e stiamo mettendo le basi per un futuro sicuramente con più ortaggi buoni per tutti!
 Fate l’orto, prendete una boccata d’aria e mangiatevi di gusto le verdure che avete coltivato. Sapranno di verdura, saranno davvero gustose. Saranno amare e dolci, un tripudio per le vostre papille gustative: ri-scoprirete sapori che avete dimenticato. L’orto è una rivoluzione dentro, nel cuore, nella testa e in tutto il corpo. La pelle ringiovanisce, il sorriso torna a essere rilassato e non penserete più ai problemi del lavoro! Coltivare la terra, prendersene cura, è come prendersi cura di se stessi in modo altruistico. Lavorare la terra bene rende felici. Garantito! Chiunque coltivi, anche per la prima volta, non solo godrà dei frutti del proprio impegno, ma potrà anche riappropriarsi appieno del per «fare da sé». Un grande esperto dell’autosufficienza, quale è stato John Seymour, diceva: «Essere autosufficienti significa ottenere un migliore tenore di vita, per un alimento fresco e buono, coltivato organicamente, per una buona vita in un ambiente piacevole, per la salute del corpo e la pace nell’animo che derivano da una dura attività all’aria aperta e per la soddisfazione provata nello svolgere bene e con successo un lavoro difficile e complicato». Credo che in una società che ha dimenticato da dove viene il cibo, tornare a imparare i gesti semplici come coltivare la terra sia fondamentale per non perdere completamente il legame che ci lega al senso della vita e delle cose concrete.

Tratto dal libro ” Orto, dal balcone al campo:come coltivare ortaggi con successo”  di Davide Ciccarese

 

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