Libertà come paradigma del benessere


Amartya Sen è un signore dall’aria tranquilla, grandi occhiali e idee chiare. Scrive con  estrema facilità ed è un maestro nell’arte del disorientare, tanto da essere studiato in  ottica prevalentemente filosofica, etica e morale, pur avendo ricevuto il Nobel per l’Economia nel 1998.

A. Sen ha dedicato la propria carriera accademica allo studio di nuove prospettive analitiche del fattore povertà, legandolo indissolubilmente alla sfera dei diritti dell’uomo.

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Curiosamente nasce, nel 1933, in un campus universitario a Santiniketan (Bengala) e   citando le sue stesse parole “Sono nato in un campus universitario e sembra di aver vissuto tutta la mia vita in un campus o in un altro”.

La sua è stata una formazione vasta, aperta al multiculturalismo e imperniata su un   principio che fonderà il suo approccio alle materie di studio e alla grandezza dell’essere umano: “Qualsiasi cosa noi comprendiamo e godiamo del prodotto umano diventa immediatamente nostra, qualunque sia la sua origine. Fatemi sentire con gioia pura che tutte le glorie dell’uomo mi appartengono”.

Cresciuto in un’India settaria, classista e multietnica, Sen ha compreso come la diversità sia uno dei fattori fondamentali di crescita e come l’integrazione, e non l’assimilazione, sia la risposta della società alle differenze fra gli individui.

Diversità non diseguaglianza. In un paese devastato da guerre fratricide e da condizioni di povertà diffuse egli    comprese il potere nefasto dell’indigenza.

Come un moderno archeologo ha riportato alla luce, dopo secoli di oscurantismo  utilitarista, il vincolo indissolubile fra i numeri e l’uomo, comprendendo come l’economia sia esclusivamente un elemento dello studio sociale,  non quella rete invisibile che regola ogni comportamento umano, assurgendo al ruolo di legge universale immanente.

Relativizzazione delle teorizzazioni, valorizzazione del fattore umano, variazione   prospettica delle informazioni considerate.

La libertà, la dignità dell’individuo, l’eguaglianza sostanziale e non più formale.

Quel che è centrale non è soltanto la   possibilità di ovviare ai problemi materiali, ma la possibilità di essere rispettati dai propri simili, di partecipare alla vita pubblica, di esercitare i propri diritti.

E’ in questa direzione che muove il nuovo Sviluppo descritto da Sen, lo sviluppo del Well-being e non del Welfare, lo sviluppo della qualità e non della quantità.

Il suo studio trae le premesse da un esame critico dell’economia del benessere e si   articola interrogandosi sulle opportunità sociali a disposizione degli individui, sulla base di indicatori economici non più centrati sui meri valori del reddito, ma su fattori umani e psicologici che, al pari delle variabili materiali, condizionano costantemente le esistenze dei soggetti osservati.

Così l’obiettivo delle società moderne, oltre alla costruzione di un impianto economico al passo con i tempi, sarà quello di rimuovere ogni forma di deprivazione sociale, ogni   ostacolo nell’accesso ai bisogni essenziali.

Docente presso l’università di Calcutta, il   Trinity Colege di Cambridge, New Delhi, alla London School of Economics, a Oxford, Harvard, Amartya Sen è autore di celeberrime opere, tra cui: “On Economic Inequality” (1973), “Commodities and Capabilities” (1985), Etica ed Economia (1987), Lo sviluppo è libertà (1999), La disuguaglianza (2010), Globalizzazione e libertà (2002).

Ha inoltre pubblicato oltre 200 articoli sulle più prestigiose riviste scientifiche del mondo ed stato insignito di oltre trenta lauree ad honorem per la sua attività accademica.

Amartya Sen, allontanandosi dai classici modelli di welfare improntati sull’estensione   del reddito reale e rifiutando un’analisi economica, nel più stretto senso attribuitole, guida   il pensiero dei propri interlocutori su un piano sociale, relativizzando ciò che la dottrina   positivista ha reso universale.

C’è un’attenzione sulla vita e sull’uomo che, forse anacronisticamente, torna ad essere   centro d’azione.

Un individuo nuovo al quale deve essere permesso, attraverso una cura   peculiare delle occasioni sociali, delle libertà politiche e delle infrastrutture economiche, di cambiare il mondo e di valutarne i risultati attraverso gli strumenti che avrà acquisito   nel suo sviluppo personale.

Nella sua analisi è forte l’indagine sui processi che permettono azioni libere e sulle   possibilità effettive che gli esseri umani hanno in condizioni personali e sociali date.

Deve essere implementato l’aspetto potenziale della libertà e, nel farlo, deve essere   valutato il suo intero processo di compimento.

Dunque è centrale la prospettiva di   rimozione delle illibertà.

Ogni ostacolo alla realizzazione propria dell’individuo (visto   nell’ottica seniana come parte inscindibile dallo Stato), dalla miseria alla privazione dei   diritti politici, dall’assenza di un sistema sanitario funzionale alla povertà culturale, deve essere combattuto da un paese che voglia preparare il suo popolo ad una crescita.

Vincenzo Polidori

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