Mangiare pesce, pescato o dall’allevamento?


Mangiare pesce 2-3 volte a settimana in porzioni da 150gr, preferire il pesce di stagione e di specie autoctone, cucinarlo per poco tempo a seconda della tipologia per non perderne le proprietà e leggere bene l’etichetta.

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Sono questi i consigli dei medici su come e quanto consumare pesce. Ma la domanda che ci poniamo ogni volta che andiamo al mercato o al supermercato per acquistare il pesce è: che pesci prendere?

Davanti a due alternative valide quali: pesce di mare e pesce allevato, da un lato siamo portati a scegliere il primo per una questione di qualità e sapore, dall’altro siamo portati a scegliere il pesce d’allevamento per una questione di sostenibilità ambientale.

Ma siamo sicuri che il pesce d’allevamento non abbia alcun aspetto positivo per la nostra salute?

Quando parliamo di pesce di mare e d’allevamento, la prima differenza che orienta la scelta su quello di mare è la questione del gusto.

“Il pesce pescato è sicuramente più saporito rispetto a quello di allevamento, ha carni più sode e compatte, mentre il secondo ha una percentuale di grasso maggiore”.

Tra le proprietà che i pesci liberi hanno in quantità superiore per via del cibo di cui si nutrono in mare, ci sono gli Omega-3, “grassi con ottime proprietà per le membrane degli organi e dei tessuti umani, che danno fluidità al sangue per la loro azione anti trombogena.

Essi riducono la risposta infiammatoria sistemica e la pressione arteriosa grazie all’azione vasodilatatrice, senza dimenticare l’impatto positivo sul profilo lipidico: infatti, sono gli unici grassi in grado di implementare la frazione cosiddetta “buona” di colesterolo circolante, proteggendo cuore e arterie”.

Dal momento che i pesci di allevamento vengono nutriti con mangimi industriali, la presenza di Omega 3 non è inesistente, ma varia a seconda dei mangimi utilizzati.

“Anche il pesce d’allevamento è ricco di acidi grassi polinsaturi. Si tratta però della categoria Omega 6, ad azione pro-flagogena e con un effetto ipercolesterolemizzante minore degli Omega 3. Infatti, gli Omega 6 sono in grado di ridurre il colesterolo totale, ma non solo quello detto “cattivo”, bensì anche quello “buono”, maggiormente protettivo”.

Dunque anche il pesce d’allevamento ha dei valori a vantaggio della nostra salute, ma ci sono fattori esterni che ne influenzano le percentuali.

La qualità del pesce allevato “dipende dalle condizioni climatiche, dalla qualità delle acque, dai sistemi di crescita (intensivo o estensivo) e dalla qualità del mangime”.

In linea generale, “è preferibile scegliere i pesci allevati nell’Unione europea perché maggiormente controllati e andare cauti con i pesci di mare di grossa taglia e che vivono più a lungo come tonni, pesci spada e squali poiché, nutrendosi di pesci più piccoli, accumulano grandi quantità di mercurio e altre sostanze tossiche. Per ovviare all’accumulo di sostanze tossiche è importante variare le specie consumate”.

Inoltre, leggendo l’etichetta del pesce d’allevamento, si ha una maggiore garanzia sulla tracciabilità del prodotto, dalla nascita al consumo.

E per meglio identificare la zona di provenienza, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), ha suddiviso il mondo in zone, ognuna con un numero di riferimento. “Sulla base del numero indicato sulla confezione è possibile risalire al luogo di cattura del pesce: 18 – Mar Artico, 21 – Atlantico nord-occidentale, 27 – Atlantico nord-orientale e Mar Baltico, 31 – Atlantico centro-occidentale, 34 – Atlantico centro-orientale, 37 – Mediterraneo e Mar Nero, 41 – Atlantico sud-occidentale, 47 – Atlantico sud-orientale, 48-58-88 – Oceano Antartico, 51-57 – Oceano Indiano, 61-67-71-77-81-87 – Oceano Pacifico”.

Fonte internet

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