San Nicola e la leggenda di Babbo Natale


Il mito di Babbo Natale nasce dalla leggenda di san Nicola, vissuto nel IV secolo, che si festeggia tradizionalmente il 6 dicembre: secondo la tradizione, san Nicola regalò una dote a tre fanciulle povere perché potessero andare spose invece di prostituirsi e – in un’altra occasione – salvò tre fanciulli.

Nel Medioevo si diffuse in Europa l’uso di commemorare questo episodio con lo scambio di doni nel giorno del santo (6 dicembre).

L’usanza è ancora in auge nei Paesi Bassi, in Germania, in Austria e in Italia (nei porti dell’Adriatico, a Trieste e nell’Alto Adige): la notte del 5 dicembre in groppa al suo cavallino fa concorrenza a Babbo Natale.

I bambini cattivi se la devono vedere con il suo peloso e demoniaco servitore, mentre il pio uomo lascia doni, dolciumi e frutta nelle scarpe dei più meritevoli.

Nei Paesi protestanti san Nicola perse l’aspetto del vescovo cattolico ma mantenne il ruolo benefico col nome di Samiklaus, Sinterclaus o Santa Claus. I festeggiamenti si spostarono alla festa vicina più importante, Natale.

L’omone con la barba bianca e il sacco pieno di regali, invece, nacque in America dalla penna di Clement C. Moore, che nel 1822 scrisse una poesia in cui lo descriveva come ormai tutti lo conosciamo.

 

Era la notte prima di Natale e tutta la casa era in silenzio, 
nulla si muoveva, neppure un topino. 
Le calze, appese in bell’ordine al camino, 
aspettavano che Babbo Natale arrivasse.

I bambini rannicchiati al calduccio nei loro lettini 
sognavano dolcetti e zuccherini; 
La mamma nel suo scialle ed io col mio beretto 
stavamo per andare a dormire 

quando, dal giardino di fronte alla casa, giunse un rumore 
Corsi alla finestra per vedere che cosa fosse successo, 
spalancai le imposte e alzai il saliscendi.

La luna sul manto di neve appena caduta 
illuminava a giorno ogni cosa 
ed io vidi , con mia grande sorpresa, 
una slitta in miniatura tirata da ott minuscole renne 

e guidata da un piccolo vecchio conducente arzillo e vivace; 
capii subito che doveva essere Babbo Natale.
Le renne erano più veloci delle aquile 
e lui le incitava chimandole per nome. 

“Dai, Saetta! Dai, Ballerino! 
Dai, Rampante e Bizzoso! 
Su, Cometa! Su, Cupido! Su, Tuono e Tempesta! 
Su in cima al portico e su per la parete! 
Dai presto, Muovetevi!”

Leggere come foglie portate da un mulinello di vento, 
le renne volarono sul tetto della casa, 
trainando la slitta piena di giocattoli.

Udii lo scalpiccio degli zoccoli sul tetto, 
non feci in tempo a voltarmi che 
Babbo Natale venne giù dal camino con un tonfo. 

Era tutto vestito di pelliccia, do capo a piedi, 
tutto sporco di cenere e fuliggine 
con un gran sacco sulle spalle pieno di giocattoli: 
sembrava un venditore ambulante 
sul punto di mostrate la sua mercanzia!

I suoi occhi come brillavano! Le sue fossette che allegria! 
Le guance rubiconde, il naso a ciliegia! 
La bocca piccola e buffa arcuata in un sorriso, 
la barba bianca come la neve, 

aveva in bocca una pipa 
è il fumo circondava la sua testa come una ghirlanda. 
Il viso era largo e la pancia rotonda 
sobbalzava come una ciotola di gelatina quando rideva. 

Era paffuto e grassottello, metteva allegria, 
e senza volerlo io scoppiai in una risata. 
Mi fece un cenno col capo ammiccando 
e la mia paura spari,

non disse una parola e tornò al suo lavoro. 
Riempì una per una tutte le calze, poi si voltò, 
accennò un saluto col capo e sparì su per il camino. 

Balzò sulla slitta, diede un fischio alle renn 
e volò via veloce come il piumino di un cardo. 
Ma prima di sparire dalla mia vista lo udii esclamare: 
Buon Natale a tutti e a tutti buona notte!

 

 

Santa Claus

 

Questo nuovo Santa Claus ebbe successo, e dagli anni Cinquanta conquistò anche l’Europa diventando, in Italia, Babbo Natale. 

A differenza di Babbo Natale, però, San Nicola è realmente esistito, Nacque a Patara nel 270 e fu vescovo di Myra, in Licia (odierna Turchia).

È una figura avvolta nel mistero, ma indizi archeologici dicono che è vissuto realmente: il suo nome compare in alcune delle antiche liste dei partecipanti al primo Concilio di Nicea (325), una riunione di tutti i vescovi della Chiesa cristiana per tentare di chiarire le divergenze teologiche sulla natura di Cristo. 

In mancanza di notizie storiche certe, i biografi ricostruirono comunque la vita di Nicola condendola con dettagli spesso scopiazzati da altre vite di santi.

Figlio unico di ricchi genitori, pare che fin da piccolo avesse manifestato i segni della sua santità: il mercoledì e il venerdì, infatti, poppava una sola volta al giorno, per rispettare l’astinenza prescritta dalla Chiesa cristiana.

Non gli toccò una morte spettacolare, da martire: pare che si spense in pochi giorni, di vecchiaia, tra il 345 e il 352.

E come aveva fatto in vita, anche da morto prese le difese della sua comunità, regalando ai fedeli un olio profumato dai poteri miracolosi che sgorgava dalle sue reliquie, conservate nella cattedrale di Myra fino all’XI secolo (e portate via dai baresi nel 1087).

Fin qui, però, la sua fama rimaneva legata solo alla Licia. La svolta si ebbe tra il VII e l’VIII secolo, quando, di fronte alle coste dove sorgeva il santuario, Bizantini e Arabi combatterono per la supremazia sul mare.

Arrivò così il salto di status: Nicola diventò il punto di riferimento dei marinai bizantini e il loro protettore, trasformandosi da santo locale a santo internazionale. Il suo culto si espanse lungo le rotte marittime del Mediterraneo, arrivando a Roma e a Gerusalemme, poi a Costantinopoli, in Russia e nel resto dell’Occidente. Nel IX secolo si diffuse in Germania.

Parallelamente si sviluppò una sua biografia definitiva, “arricchita” di nuovi episodi.

Uno dei più famosi è la storia delle tre fanciulle, particolarmente diffusa nell’XI-XII secolo: commosso dalla sorte di tre ragazze povere che il padre meditava di far prostituire, per tre notti Nicola gettò loro attraverso la finestra aperta altrettanti sacchi d’oro (poi simboleggiati nell’iconografia con palle d’oro) come dote per farle sposare. Questa storia diede a Nicola la fama di generoso portatore di doni, oltre che patrono delle vergini e garante della fertilità.

Il suo rapporto speciale con loro nasce da una truce storia medioevale degna delle fiabe dei fratelli Grimm: una notte tre ragazzi chiedono ospitalità in una locanda; l’oste e sua moglie li accolgono volentieri perché hanno finito la carne in dispensa, poi li fanno a pezzi con l’accetta e li mettono in salamoia.

Finito il massacro, san Nicola bussa alla porta e chiede un piatto di carne. Al rifiuto dell’oste si fa portare in dispensa, dove estrae dalla salamoia i tre giovani, vivi e vegeti. Il racconto circolava prevalentemente nelle scuole ecclesiastiche, dove, il 28 dicembre, si celebrava la Festa degli innocenti. In occasione di questa versione cristianizzata dei Saturnali, la scalmanata festa pagana dell’antica Roma, gli studenti eleggevano il “vescovello”, una specie di dio Saturno romano che presiedeva ai festeggiamenti ed elargiva doni.

Dalla fine del XIII secolo, il 6 dicembre diventò il giorno in cui i “vescovi Nicola” salivano sui loro scranni: la tradizione raggiunse il culmine nel XVI secolo (ma in alcuni luoghi persistette fino al XIX).

E anche quando la Chiesa, scandalizzata, iniziò a vietare queste carnevalate pagane, Nicola sopravvisse nelle scuole e nelle case grazie ai bambini, che continuarono a festeggiarlo e a ricevere i suoi regali. 

La storia e la devozione per san Nicola è molto diffusa anche in due città italiane: Bari e Venezia. Dopo la caduta di Myra in mano musulmana, nel 1087 i baresi fecero una spedizione in quella città. Le reliquie, cioè le ossa, del santo, erano parte del bottino.

Circa 10 anni dopo anche i veneziani puntarono su Myra e recuperarono altre ossa, lasciate dai baresi nella fretta.

I veneziani trasportarono quei resti nell’Abbazia di San Nicolò del Lido, vantando pure loro il possesso delle spoglie del santo. Lo dichiararono protettore della flotta della Serenissima. E gli dedicarono molte opere, come il duomo nel “Giardino della Serenissima” (la città di Sacile, in Friuli, di cui è patrono).

 

 

San Nicola di Bari

Ma il San Nicola di Bari è lo stesso Nicola di Venezia? Nel 1992, con le analisi del Dna, si è stabilito che i resti appartengono alla stessa persona.

Fonte Focus

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