Etichetta dei cibi: Come leggerla per non avere sorprese


C’è chi fa la spesa seguendo abitudini consolidate, chi si affida alla pubblicità, chi subisce il fascino del packaging, chi getta nel carrello ciò che più gli fa gola.

Eppure, per scegliere consapevolmente quel che mettiamo in tavola, abbiamo a disposizione una risorsa importante: l’etichetta alimentare sulle confezioni.

Leggerla non è sempre facilissimo, i termini possono apparire troppo tecnici e soprattutto, spesso e volentieri, la grafica non aiuta.

Tuttavia, l’ultimo Regolamento europeo approvato nel 2011 ha apportato diverse innovazioni per rendere l’informazione alimentare più chiara e trasparente per i consumatori, ad esempio fissando canoni di leggibilità per le indicazioni e ampliando il numero di informazioni obbligatorie. Vediamo allora come utilizzare questo prezioso strumento d’informazione per mangiare meglio, e stare meglio.

In base all’art. 3 del Dlg. 109/92 le etichette dei prodotti preconfezionati devono riportare obbligatoriamente le seguenti indicazioni:

* Denominazione di vendita: di che alimento si tratta (es.“Confettura di ciliegie”).

* Paese d’origine e luogo di provenienza: obbligatori per carne bovina, suina, ovina, caprina e avicola, pesce, frutta e verdura, miele e olio extravergine d’oliva.

Per quanto riguarda le carni, se l’animale è nato, allevato e macellato nello stesso Paese si scriverà, per esempio, “Origine: Italia”. In caso contrario si specifica solo il luogo di allevamento e macellazione. Sono ancora esenti dall’obbligo della provenienza le preparazioni a base di carne, come crocchette e ripieni, e gli insaccati.

Tuttavia, lo scorso 12 maggio, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a dare applicazione all’indicazione obbligatoria del Paese d’origine per tutte le carni, il latte e i prodotti caseari.

* Elenco degli ingredienti: sono riportati in ordine decrescente di peso, quindi il primo ingrediente è quello usato in maggior quantità, l’ultimo quello meno presente.

Secondo l’ultimo Regolamento Ue, le sostanze potenzialmente allergeniche devono essere evidenziate in grassetto e, nel caso siano presenti grassi o oli vegetali, è obbligatorio specificarne l’origine (palma, cocco, grassi idrogenati…).

* Valori nutrizionali: valore energetico, grassi e acidi grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale devono essere riportati obbligatoriamente.

In molti Paesi europei ha preso piede l’etichetta semaforo per allertare i consumatori sulle dosi eccessive.

* Quantità: il peso netto del prodotto.

* Modalità di conservazione o utilizzo se necessario: per esempio “Conservare in frigo dopo l’apertura”.

* Data di scadenza: la dicitura “Consumare entro” è usata per i prodotti alimentari deperibili, come latte, yogurt, formaggi freschi. “Consumare preferibilmente entro” indica invece il termine minimo di conservazione: fino alla data indicata il cibo conserva intatte tutte le caratteristiche e i valori nutrizionali. Dopo si può comunque consumare, ma c’è la possibilità che le sue caratteristiche siano alterate (per esempio biscotti meno fragranti…).

* Nome del fabbricante.

* Sede di confezionamento.

* Lotto di appartenenza.

I prodotti ortofrutticoli freschi, i monoingrediente (come la farina, oppure le spezie) e gli integratori sono ancora esenti dall’obbligo di etichetta. 

Gli alimenti biologici si riconoscono perché riportano sulla confezione il logo europeo che rappresenta una foglia (in verde o anche in nero), simbolo che garantisce che il cibo acquistato contiene almeno il 95 per cento di ingredienti da agricoltura o allevamenti biologici.

Ciò significa che i vegetali sono coltivati senza usare concimi, diserbanti, insettici o altre sostanze di sintesi.

Per le carni, gli animali sono nutriti con alimenti biologici ed è vietato l’uso di antibiotici a scopo preventivo, e di ormoni».

Molti degli ingredienti “misteriosi” contenuti negli alimenti confezionati sono additivi, naturali o sintetici. Hanno diverse funzioni, i conservanti, per esempio allungano la vita media del cibo e lo proteggono da microrganismi nocivi.

Gli antiossidanti evitano soprattutto che il colore subisca alterazioni, mentre gli emulsionanti servono per legare bene i grassi e l’acqua, e così via.

In etichetta gli additivi possono essere scritti per esteso (ad esempio “acido citrico”) o con un codice (E seguito da un numero: da 100 a 199 sono coloranti, da 200 a 299 conservanti, e così via…).

Alcuni cibi, come latte, yogurt, pasta secca, caffè, tè e zucchero grezzo, per legge non possono contenerne.

Alcune di queste sostanze sono state più volte additate come dannose per l’organismo o cancerogene, per questo «le autorità hanno l’obbligo di verificare, periodicamente, l’innocuità di coloranti e conservanti».

Entro il 2020 per esempio, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) dovrà 
rivalutare tutti gli additivi permessi.

Tuttavia, non esiste un accordo globale sull’argomento: alcuni additivi vietati negli Usa, perché ritenuti pericolosi per la salute, sono permessi in Europa, e viceversa. Insomma, c’è ancora un po’ di confusione.

Teniamo comunque presente che è la dose che fa il veleno,quindi, limitare gli alimenti “artificiali” è senz’altro un bene per la nostra salute a lungo termine.

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