Uno sguardo sull’Italia


 

In questi giorni ho avuto modo di leggere due libri,di scrittori italiani che, a mio avviso in maniera indipendente, hanno affrontato con un excursus il momento storico che stiamo attraversando:

Giuro che non avrò più fame. L’Italia della Ricostruzione- Aldo Cazzullo

 

Ora dimmi di te. Lettera a Matilda – Andrea Camilleri

 

Una carrellata di storie, personaggi, cambiamenti, che hanno contribuito, nel bene o nel male, a rendere l’Italia il paese che è. Ve li consiglio vivamente.

 

Giuro che non avrò più fame. L’Italia della Ricostruzione 

Aldo Cazzullo, inviato ed editorialista del «Corriere della Sera», ci racconta la crisi attuale attraverso un viaggio in un passato, non così remoto ma che, molto spesso, viene dimenticato.

L’Italia del secondo dopoguerra, infatti, non era poi molto diversa da quella attuale: un decennio di crisi mostruosa e, sembra, insuperabile, ha creato un baratro notevole, aumentato vertiginosamente la popolazione che vive sotto la soglia di povertà e costretto gli appartenenti alla classe media a vivere in uno stato di continuo panico, terrorizzati dall’idea di poter perdere il lavoro da un momento all’altro, cosa che  purtroppo in questi anni è diventata fin troppo frequente.

L’Italia del 2018, quindi, è sopravvissuta ad una “guerra” e si sente povera, ma, quel che è peggio, ha perso la fiducia.

É questa, infatti, la più macroscopica delle differenze tra il passato e il presente: dopo la fine della guerra le città devastate dai bombardamenti sono state ricostruite in pochissimi anni, i nostri nonni si sono fatti motori della rinascita, lavorando continuamente, senza ferie né vacanze, le nostre nonne hanno finalmente ottenuto l’emancipazione tanto agognata, passando attraverso la rivoluzione sessuale, i contraccettivi e l’abolizione dell’adulterio come reato volto a colpire solo le donne.

  E noi invece? Gli italiani di oggi sono sconfortati e  sconfitti, i giovani, che si sono visti chiudere centinaia di porte in faccia, spendono all’estero i loro talenti, vedendoli finalmente riconosciuti, cosa che in patria non avviene.

“”

Il problema più grande, da cui derivano tutti gli altri, è che la ricchezza in Italia non viene più prodotta, ma estratta. Il lavoro è tassato molto  più della rendita; e troppi italiani campano di rendita. Come il professore in pensione dell’università di Venezia, con tavolo fisso a pranzo e a cena all’Harry’s Bar, che affittava il suo locale per 10 mila euro al mese a uno speculatore cinese, che lo subaffittava per 20 mila a un cuoco egiziano, che faceva pagare cento euro una bistecca ai turisti giapponesi. E quando ho scritto questa storia sul Corriere, indicandola come segno di decadenza, sono stato sepolto di lettere e mail di lettori che difendevano il professore: se hai un immobile di proprietà, che male c’è a farci un po’ di soldi senza muovere un dito? Per carità: nulla di male. Anche nella Venezia del Settecento la ricchezza non veniva più prodotta, con il rischio delle grandi spedizioni commerciali verso Oriente, ma estratta: dagli immobili, dai dazi, dalle rendite. I patrizi veneziani non erano mai stati più felici, le loro feste erano sfarzose, i loro Carnevali attraevano viaggiatori da tutto il mondo. Però poi arrivò Napoleone, i nobili si arresero senza sparare un colpo, e la Serenissima sedotta e abbandonata divenne una provincia dell’Impero asburgico. L’Italia di oggi rischia la stessa fine.””

Un popolo di passivi, dunque, ma che, secondo Cazzullo, è ancora in grado di farsi motore della propria rinascita, anche grazie al recupero della memoria del passato, rendendo vera, oggi più che mai, la celebre frase che pronunciata con indimenticabile enfasi da Rossella alla fine di Via col vento che dà il titolo a quest’opera.

 

Ora dimmi di te. Lettera a Matilda- Andrea Camilleri

Che cosa rimarrà di noi nella memoria di chi ci ha voluto bene? Come verrà raccontata la nostra vita ai nipoti che verranno? Andrea Camilleri sta scrivendo quando la pronipote Matilda si intrufola a giocare sotto il tavolo, e lui pensa che non vuole che siano altri – quando lei sarà grande – a raccontarle di lui.

Così nasce questa lettera, che ripercorre una vita intera con l’intelligenza del cuore, illuminando i momenti in base al peso che hanno avuto nel rendere Camilleri l’uomo che tutti amiamo.

Uno spettacolo teatrale alla presenza del gerarca Pavolini, una strage di mafia a Porto Empedocle, una straordinaria lezione di regia all’Accademia Silvio D’Amico e le parole di un vecchio attore dopo le prove, l’incontro con la moglie Rosetta e quello con Elvira Sellerio…

Ogni episodio è un modo per parlare di ciò che rende la vita degna di essere vissuta: le radici, l’amore, gli amici, la politica, la letteratura.

Con il coraggio di raccontare gli errori e le disillusioni, con la commozione di un bisnonno che può solo immaginare il futuro e consegnare alla nipote la lanterna preziosa del dubbio.

Un libro che è  un piccolo manuale di vita.

Camilleri ci parla della sua vita, della storia dell’Italia, di cosa la vita può insegnarci in un turbine di esperienze, riservate dal destino a ciascuno di noi.

Senza mai essere lezioso, retorico o saccente Camilleri, raccontandosi, narra anche la storia della nostra Italia, dall’avvento del fascismo ai giorni nostri , con grandissimo potere di sintesi ma anche con grandissima efficacia.

Non c’è malinconia, non c’è rimpianto, non c’è congedo nelle parole di Camilleri.

La  grande forza di questo libro è  l’ottimismo che l’autore trasmette con vigore, soprattutto alle nuove generazioni, a cui è dedicata quest’opera, a Matilda ed a tutti gli altri, la prepotente speranza, quasi la certezza, che saranno i giovani a ripristinare l’etica perduta.

 

Buona lettura,

Vincenzo