Il carciofo di Gerusalemme


Il topinambur, detto anche ciapinabò, tupinabò, taratufolo, trifola, patacca, carciofo di canna, patata del Canada, ecc., è una pianta erbacea spontanea, parente stretta del girasole, dal quale però differisce per avere fiori notevolmente più piccoli e perché forma tuberi sotterranei commestibili, il cui sapore ricorda quello del carciofo, da cui il nome Carciofo di Gerusalemme.

  

Il topinambur sembra  sia originario del Nord America e del Canada, e che fosse coltivato da molte popolazioni dell’America meridionale già al momento della scoperta del Nuovo Mondo (1492),

Portato in Europa, si diffuse praticamente ovunque.

In Italia cresce spontaneamente lungo i corsi d’acqua, nei campi incolti, lungo i sentieri e le strade di campagna, anche tra le macerie, praticamente ovunque, in posizioni di pieno sole.

Nel nostro Paese la coltivazione e l’utilizzo del topinambur sono diffusi in Piemonte, mentre nelle rimanenti regioni la pianta è invece pressoché assente dagli orti familiari.

Questa specie merita invece di essere maggiormente conosciuta e coltivata per le interessanti caratteristiche alimentari e salutistiche dei suoi tuberi

Del topinambur si utilizzano i tuberi sotterranei, che si formano da poco prima della fioritura (da fine agosto a tutto ottobre) sin quasi al disseccamento della pianta alla prima gelata.

I tuberi sono in genere bitorzoluti, con buccia marroncino-giallastra, lunghi fino a 10 cm e larghi fino a 6 cm, provvisti di radichette laterali.

La pianta presenta un robusto fusto singolo che si ramifica nella parte superiore per portare i fiori e che può raggiungere e superare anche i due-tre metri di altezza.

Le foglie, simili a quelle del girasole ma più strette (4-12 cm di larghezza) e lunghe (10-25 cm), sono ruvide, di colore verde scuro nella pagina superiore e verde glauco (grigio) in quella inferiore, per la presenza di numerosi peli.

I fiori, portati sulle ramificazioni del fusto, sono simili a quelli del girasole, ma molto più piccoli (4-10 cm di diametro), di un bel giallo intenso.

Il topinambur è una pianta annuale a ciclo primaverile-estivo; la durata della sua coltivazione va dai 180-200 giorni e oltre, a seconda del luogo.

Estremamente adattabile sia ai diversi climi che ai più svariati tipi di terreno, il topinambur predilige comunque clima temperato e terreni di medio impasto non eccessivamente fertili, sia a reazione alcalina (pH 7-8,5) che acida (pH 5,5-7), purché non vi siano ristagni l’acqua.

Sono invece da evitare suoli argillosi e compatti, che causano problemi al momento della raccolta dei tuberi.

Per avviare la coltura si utilizzano i tuberi, che si possono reperire in natura da fine ottobre a tutto novembre da piante spontanee (o da orticoltori amatoriali che già lo coltivano).

In autunno, però, li si può anche acquistare presso i più forniti supermercati. Si tratta di tuberi provenienti da coltivazioni specializzate, già pronti per l’utilizzo, ma che si possono anche impiegare per attuare una nuova coltivazione.

Per la coltura scegliete un angolo dell’orto dove il topinambur possa svilupparsi liberamente, considerando che questa pianta può diventare nel corso degli anni infestante, data la sua spiccata capacità di autopropagarsi a partire dai tuberi sfuggiti alla raccolta.

Il terreno va vangato e poi frantumato grossolanamente poco prima della messa a dimora dei tuberi-seme, ad una profondità di 20-30 cm. 

Non occorre eseguire alcun tipo di concimazione, né con sostanza organica né con concimi chimici, in quanto il terreno di un orto è in grado di fornire alla pianta tutti quegli elementi nutritivi di cui ha bisogno per dare un buon raccolto.

Prima di procedere alla messa a dimora, tagliate i tuberi più grossi in porzioni che devono presentare almeno una gemma (occhio), dalla quale si svilupperà il germoglio della pianta; praticamente si fa come nella patata.

La messa a dimora dei tuberi-seme si effettua in autunno (subito dopo la raccolta o l’acquisto dei tuberi), purché il terreno non sia gelato; le piantine emergeranno in primavera, nel mese di marzo-aprile.

La messa a dimora dei tuberi-seme si può anche effettuare dopo le ultime gelate: a febbraio-marzo al Sud e a marzo-aprile al Centro-Nord.

Dopo aver realizzato solchi profondi circa 10 cm, e distanti 50-60 cm l’uno dall’altro, si pongono sul fondo degli stessi i tuberi-seme, rispettando una distanza di 20-25 cm tra un tubero e l’altro, quindi si riempiono i solchi di terra.

Le prime piogge autunnali, o primaverili, favoriranno l’emissione dei germogli; in mancanza di precipitazioni occorre eseguire qualche irrigazione, in modo che i tuberi non si disidratino.

Per coltivare un metro quadrato di terreno occorrono circa 150 grammi di tuberi-seme.

In terreni fertili, freschi e profondi e in presenza di periodiche piogge primaverili-estive si può anche evitare qualsiasi tipo di irrigazione. Solo in totale assenza di piogge occorre irrigare la coltura ogni 8-10 giorni.

Il topinambur ha bisogno di pochissime cure, la sua rapidissima e vigorosa crescita consente un buon controllo naturale nei confronti delle erbe infestanti, che difficilmente prendono il sopravvento sulla pianta; non sono pertanto necessari lavori di diserbo, se non una zappettatura poco dopo la nascita dei germogli.

Il topinambur è una pianta rustica e non ha bisogno di essere sottoposta ad interventi antiparassitari.

La raccolta dei tuberi si effettua in autunno, dopo che le prime gelate hanno disseccato completamente la parte aerea (fusto e foglie) delle piante,   aiutandosi con un forcone, conficcandolo nel terreno ad una distanza di 20-30 cm dal fusto per scalzare la pianta.

In presenza di terreni estremamente sciolti si può eseguire la raccolta sradicando con le mani la pianta e, con essa, i tuberi.

Da un metro quadrato di coltura si possono raccogliere 2-3 chilogrammi di tuberi pronti per l’utilizzo. Ricordatevi che i tuberi di topinambur una volta raccolti si conservano per pochi giorni (7-10 giorni al massimo, chiusi in sacchetti di carta, a loro volta posti in sacchetti di plastica, in frigorifero).

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