Riduciamo lo spreco alimentare


Secondo la FAO, un terzo del cibo prodotto per il consumo umano, viene gettato prima ancora di entrare sul mercato o nella fase successiva, dopo l’acquisto del consumatore.

In Italia finiscono in pattumiera senza nemmeno passare dalla tavola 36 kg di cibo all’anno pro capite (soprattutto frutta e verdura fresca, pane, cipolle/aglio, latticini, sughi): fanno una media di 85 kg di cibo gettati a famiglia, 2,2 milioni di tonnellate in tutto lo Stivale, per un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil. Nel mondo, gli alimenti sprecati ammontano a 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, mentre quasi un miliardo di persone non ha cibo a sufficienza.

Tra gli italiani cresce l’attenzione al tema, con tre connazionali su quattro che hanno diminuito nell’ultimo anno la quantità di cibo gettato.

Tuttavia, gli sprechi domestici rappresentano il 54% del totale di cibo buttato: ben più di quello che va perso nella ristorazione (il 21% del totale), nella distribuzione commerciale (15%), nella trasformazione della materia prima (2%) o nell’agricoltura (8%).

È dunque al singolo consumatore che viene chiesta una maggiore sensibilità, anche attraverso una serie di piccoli accorgimenti: stilare la lista della spesa, fare acquisti più contenuti e frequenti, in base alle necessità, scegliere prodotti di stagione e al giusto grado di maturazione, conservandoli diversamente in base alle previsioni di consumo.

Analizziamo alcuni alimenti sempre presenti nelle nostre dispense che contrariamente a quanto ci indicano non scadono quasi mai:

SALE. Da millenni è usato per conservare gli alimenti. Il meccanismo è semplice: Il sale assorbe l’acqua, rendendo il cibo poco appetibile ai batteri che potrebbero rovinarlo. Senz’acqua infatti i batteri non possono moltiplicarsi. Va da sé che il sale non ha data di scadenza.

CIOCCOLATO FONDENTE. Può conservarsi in buono stato anche per più di 2 anni, molto più del cioccolato al latte. E la sostanza bianca, simile a una muffa, che lo ricopre dopo un po’ di tempo non fa male? La risposta è no. Le tavolette di cioccolato devono le loro qualità al temperaggio, la lavorazione che permette di formare cristalli di burro di cacao strutturati in modo da favorire la croccantezza al morso e lo scioglimento solo una volta in bocca. Già sopra i 20°C, alcuni cristalli possono modificarsi e ricristallizzarsi formando una patina biancastra in superficie: non significa che il cioccolato sia immangiabile, ma gusto e consistenza non sono più gli stessi, a meno di non ripetere il temperaggio. Perciò, conservate sempre il vostro cioccolato a meno di 20°C

ZUCCHERO. Come il sale, assorbe l’acqua dagli alimenti in cui si trova. E pertanto viene usato per la conservazione del cibo, come per esempio le marmellate. 

LEGUMI E SEMI ESSICCATI. Il segreto della loro durevolezza è l’assenza d’acqua che li rende inattaccabili da batteri e muffe. Inoltre, l’assenza d’acqua ferma gli enzimi che aprirebbero il seme. Se ben sigillati possono essere un’ottima fonte di proteine anche anni dopo il raccolto.

MIELE. È senza dubbio uno degli alimenti più incredibili in natura e tra le sue numerose proprietà c’è anche la resistenza al tempo. Il miele contenuto nella tomba di un faraone è stato ritrovato dopo 3.300 anni ed era ancora commestibile.
Il miele che mangiamo abitualmente ha però una data di scadenza (obbligatoria per legge). La sua efficacissima resistenza al tempo è dovuta alla bassa presenza di acqua e all’alto contenuto di zuccheri che lo rendono praticamente immune all’attacco dei batteri.

ACETO. Può essere considerato come vino o sidro andato a male, e forse per questo è come se non avesse una data di scadenza. La sua lunga conservazione è dovuta ai batteri del genere Acetobacter che ossidano l’etanolo delle bevande alcoliche e che impediscono ad altri batteri di colonizzarlo. Con il passare degli anni nessun tipo di aceto diventa pericoloso per la salute: alcuni cambiano colore o sapore, ma l’aceto bianco rimane del tutto immutato.

RISO. Se conservato a bassa temperatura (circa 3 ?) e in assenza di ossigeno, può durare fino a 30 anni. Il riso integrale, spesso considerato più sano, scade prima. La sua crusca fibrosa infatti contiene grassi insaturi, che possono rancidire. Quando il riso integrale odora di vernice, è meglio buttarlo via.

E ancora, prediligere gli acquisti diretti dal produttore, più freschi e di più lunga durata (limitando così, oltre agli sprechi, le emissioni di CO2 legate al trasporto), controllare più volte le date di scadenza e imparare a leggere le etichette: “da consumarsi entro” è un limite da non superare, pena rischi importanti per la salute (si applica ad alimenti facilmente deperibili, come latte e uova); “da consumarsi preferibilmente entro” indica invece la data entro la quale l’alimento ben conservato mantiene le sue proprietà organolettiche e gustative.

Attenzione agli acquisti, trattamento adeguato e recupero non saranno certo la panacea ma certamente ci aiuterebbero nella ottimizzazione dei nostri consumi.

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