Cambiare l’acqua ai fiori


In questi giorni ho finito di leggere un libro, “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin, che ho trovato molto interessante e coinvolgente, che vi invito a leggere e magari, con l’occasione delle prossime festività, regalare. 

Violette Toussaint ed è una donna dalle mille sfaccettature, fa la guardiana di un piccolo cimitero in Borgogna e lo cura, con amore, come un giardino.

Violette potrebbe quasi essere vera, invece è solo la protagonista di un romanzo.

Grazie a una potente capacità narrativa, il  libro riesce a traghettarci attraverso mille sfumature, dal rosa al giallo, dal bianco al nero, riuscendo nell’impresa di farci innamorare del suo personaggio, di incuriosirci, farci sorridere e farci anche piangere.

L’abilità dell’ autrice è quella di capire le emozioni e trasferirle in parole:

Il libro della vita è il libro supremo che non possiamo chiudere e riaprire a piacimento, vorremmo tornare alla pagina in cui si ama, ma abbiamo già sotto le dita la pagina in cui si muore. 

Il personaggio di Violette è molto  complesso, è una donna che vive ascoltando gli altri, probabilmente per evitare di sentire i tormenti della sua vita, che cela un segreto che scopriremo solo dopo la comparsa di un poliziotto marsigliese, arrivato per conoscere l’identità dell’uomo accanto a cui la sua amata madre, come ultimo desiderio espresso in uno scritto, ha chiesto di essere sepolta.
Da quel momento si cambia registro: all’apparente leggerezza si sostituisce la drammaticità di alcuni eventi che hanno segnato per sempre la vita di Violette. Scopriremo che, al di là degli amici di oggi, che sono in realtà dei colleghi di lavoro nel piccolo mondo-cimitero di Brancion-en-Chalon, Violette ha un marito, Philippe, una figlia che si chiama Léonine, un’amica cara, il ricordo di una vacanza in Provenza e poco altro, che rimane, della sua vita precedente.

Tutto è perduto? Chi leggerà il romanzo potrà saperlo, e capire il senso di ciò che rimane.

La struttura del romanzo è stratificata su più piani narrativi: oltre all’incrocio tra passato e presente, c’è anche un intreccio di vite, l’una legata all’altra, raccontate magnificamente. Ogni capitolo è introdotto da un’epigrafe funeraria, che funge quasi da meta testo, e che ci spiega come, in fondo, le parole che scegliamo per raccontare chi erano i nostri cari sono sempre troppo poche, non bastano, ci lasciano dei profondi dubbi.

Siamo tanto altro, siamo quello che non abbiamo mai raccontato a nessuno, siamo fatti di estati e inverni, come il guardaroba privato e colorato, che Violette indossa nelle sue estati serali, e quello invernale dedicato alla quotidiana missione di consolare chi ha perso qualcuno.
In fondo, scopriremo, anche Violette vive in conflitto, si lascia ammaliare da ciò che vuole vedere, non riesce a capire molte delle persone più importanti della sua vita e opera continui cambiamenti.

Lei è la guardiana della vita e della morte degli altri, ma non riesce ad esserlo della propria. Alla memoria del vissuto cerca di compensare con la memoria dei dettagli, quelli che annota scrupolosamente su un quaderno, per poi mostrarli a parenti o amici che non sono riusciti ad essere lì, alla funzione di un loro congiunto.
La narrazione è sorprendente, perché riesce a trasmettere al lettore sensazioni contrastanti e autentiche.


Questo romanzo si è aggiudicato nel 2018 il Prix Maison de la Presse, con la seguente motivazione:
“Un romanzo sensibile, un libro che vi porta dalle lacrime alle risate con personaggi divertenti e commoventi”.