Chi sarà stato?


 

Ho letto cento libri de cucina.
de storia, d’arte, e nun ce nè uno solo
che citi co’ la Pasta er Pastarolo
che unì pe’ primo l’acqua e la farina.

Credevo fosse una creazione latina,
invece poi, m’ha detto l’orzarolo,
che l’ha portata a Roma Marco Polo
un giorno che tornava dalla Cina.

Pe’ me st’affare de la Cina è strano,
chissà se fu inventata da un cinese
o la venneva là un napoletano.

Sapessimo chi è, sia pure tardi,
bisognerebbe faje… a ‘gni paese
più monumenti a lui che a Garibardi.

                                              Aldo Fabrizi

La quasi totalità degli italiani ama la pasta e ben il 44% di loro la consuma quotidianamente.

Parliamo, quindi, di circa 26 milioni di nostri connazionali che tutti i giorni portano sulla tavola un bel piatto di pasta fumante per tutta la famiglia.

Una tradizione, quindi, che resiste nonostante i cambiamenti della società, dei consumi e dei costumi.

La pasta rappresenta, infatti, ancora il momento di convivialità e socialità per eccellenza ed è consumata non solo fra le quattro mura domestiche ma anche fuori.

Per una volta si può proprio parlare di un alimento veramente trasversale in quanto piace davvero a tutti gli italiani, di ogni fascia d’età, uomini e donne, di ogni parte d’Italia.

 

I primi spaghetti erano chiamati “vermicelli”, e da secoli si discute se siano stati inventati dai cinesi o dai siciliani: oggi si ritiene che si siano diffusi indipendentemente, in entrambe le aree geografiche.

Quello che invece è certo è che a portare in Sicilia l’usanza di cucinare pasta secca sono stati gli Arabi.

Una delle prime testimonianze scritte sui vermicelli secchi commestibili risale infatti a una sorta di “guida turistica” arabo-siciliana del 1154. e una versione della pasta potrebbe essere stata mangiata dai Greci già nel 1 secolo d. C..

C’era anche la tradizione, tutta romana, di mangiare pasta fresca, come la lagana, una specie di grande lasagna: una sfoglia di farina di grano impastata con lattuga, aromatizzata con spezie e fritta nell’olio di oliva.| 

Già tra il 1200 e il 1300 a Genova si produceva pasta secca in grandi quantità, mentre a Napoli il passaggio della pasta ad alimento popolare avvenne solo alla fine del 1500, quando cominciò a essere venduta nei chioschi lungo le strade, e mangiata con le mani, liscia o condita con il formaggio.

Il pomodoro invece sposò gli spaghetti solo verso il 1800, quando pomodoro e basilico con un pizzico di sale diventarono il condimento scelto dai venditori all’aperto napoletani per condire i maccheroni: una novità, visto che la pizza comincerà a unire il pomodoro alla mozzarella solo verso la metà del secolo.

Racconta la studiosa italo-americana Julia della Croce, che fino al XIX secolo la produzione della pasta veniva affidata a lavoratori a piedi scalzi che si ritrovavano al ritmo della musica del mandolino: durò finché il re di Napoli, Ferdinando II (1830-1859), pensò che fosse meglio assumere un ingegnere per progettare un nuovo sistema… più igienico.

Alla pasta non sono mancati, come quasi per tutte le cose, gli acerrimi detrattori, alcuni personaggi storici pensavano che la pasta potesse causare malattie mentali.

Il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer la definì “l’alimentazione dei rassegnati”, mentre il partito fascista ritenne che la pasta rendesse le persone troppo rilassate e pigre.

Negli anni Trenta il poeta Filippo Tommaso Marinetti, nel Manifesto della Cucina Futurista, auspicò una vera e propria crociata contro gli spaghetti, accusando la pasta di uccidere l’animo nobile, virile e guerriero degli italiani.

Ne propose addirittura l’abolizione che, a parere suo e di Benito Mussolini ispiratore della polemica, avrebbe liberato l’Italia dal costoso grano straniero e favorito l’industria italiana del riso.

Andò a finire con Marinetti fotografato nel ristorante Biffi di Milano nell’atto di mangiare un bel piatto di spaghetti (quando si dice la coerenza), a cui seguì lo sfottò popolare.

Aspettare che l’acqua bolle per gettare la pasta non è il modo più intelligente di cuocere la pasta.

La cottura infatti dipende solo dalla temperatura raggiunta e non dal fatto che l’acqua vada in ebollizione. Il chimico Dario Bressanini propone un metodo di cottura più scientifico: buttare la pasta prima che l’acqua arrivi all’ebollizione. “Ho provato – scrive – a buttare pasta e sale dopo 8 minuti, con l’acqua a 80 °C. Ho poi continuato a scaldare, col coperchio, sino all’ebollizione per poi spegnere il gas. Sette minuti dopo la pasta era pronta”.

 

Sono almeno 3 i parametri da tenere in considerazione per una pasta di qualità.

Il primo è la quantità di proteine: il contenuto minimo deve essere 10.5% (11.5% per la pasta di semola integrale), quando sull’etichetta si trova un valore di proteine del 13.5% vuol dire che è un’ottima semola.

Il secondo elemento è la trafilatura: quella migliore è realizzata con trafile in bronzo.

Poi c’è la temperatura del ciclo di essiccazione, che però non è riportata in etichetta ma è una caratteristica importante, perché da essa dipendono le caratteristiche fisiche e quelle nutrizionali della pasta.

Molto dice poi l’acqua di cottura: più è limpida (calcare a parte), meno amido e proteine ha perso la pasta durante il processo di cottura.

 

PASTASCIUTTA O PASTA ASCIUTTA?. Sì, si può scrivere in entrambi i modi: l’aggettivo “asciutta” deriva dal fatto che la pasta, a differenza delle minestre, è senz’acqua, che viene “scolata”.

Mentre cottura “al dente” significa che la pasta deve conservare un pizzico di resistenza quando viene mangiata.

A proposito: la pasta al dente è anche più facilmente digeribile: la rete di glutine trattiene al proprio interno i granuli di amido, rendendolo assimilabile in modo graduale.

La pasta secca, grazie alla sua proprietà di conservazione ha aiutato i nostri antenati a esplorare il mondo: era una buona fonte di calorie e sostanze nutritive che potevano essere trasportate su lunghe distanze senza comprometterne l’edibilità.

La pasta può essere cotta con qualche tipo di condimento, olio, sale, verdure, legumi, carne o pesce, sarà sempre  un pasto soddisfacente!

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